sabato 6 agosto 2011

Protagonista di vita, dal Capitolo I - Parte Prima

Fui concepita per sbaglio e nello sbaglio i miei genitori sperarono fossi un maschio. La speranza venne delusa dal vagito di una bambina. Vagito che si trasformò in breve tempo in pianto… Chissà perché alcune bambine piangono sempre!?
Uomini, continuamente circondata da uomini… La mia infanzia è stata affollata di uomini! Oltre a mia sorella più grande di me di soli dieci mesi ed una più piccola di tre anni, vivevo la mia giornata assieme a un numero consistente di cugini e loro amici, tutti maschi, che seguivo mentre andavano a caccia di lucertole alle quali, dopo aver tagliato la coda, veniva loro riservato l’onore di essere bruciate sul fuoco dentro un barattolo di latta, e di farfalle alle quali venivano, grazie a Dio, strappate solo le ali.
Mentre io vivevo circondata da maschi, nella mia famiglia c’erano troppe donne! Finalmente però, dopo tre femmine, un giorno arrivò un maschio e due anni dopo il secondo, con grande gioia di tutti, ma io continuavo a piangere attaccata alle gonne di mia madre… Chissà perché alcune bambine piangono sempre!?
Divenuta poco più di una bambinetta che aveva imparato a cambiare le fasce ai neonati, feci anche mio l’incubo di doverli poi “guardare” quei due maschi ormai cresciuti quando, a volte, mia madre ce li — a me e mia sorella — affidava.
Difficile divenne crescere dentro una famiglia dove vigeva il culto del maschio! La cura della casa delle bambole venne sostituita con la cura della casa, quella vera, con l’obbligo di rifare i letti anche ai due ragazzi, a stirar loro, in seguito, maglie e camicie e a cucinare. Adoravo e adoro i miei fratelli, ma devo confessare che, quando mi scontravo con i loro privilegi, li odiavo! Solo i maschi avevano il permesso di non fare nulla, anzi, ciò che volevano. Solo ai maschi era permesso di scegliere una scuola più adeguata e importante, solo ai maschi era concesso il privilegio di poter pensare poi all’Università. Fin da piccola mi sono sentita ripetere che a noi donne di casa sarebbe bastata una semplice scuola professionale, di al massimo tre anni, che ci preparasse poi al mondo del lavoro e inutili furono le mie ribellioni. Continuai a piangere da sola… chissà perché?
Chissà perché sono sempre stata della convinzione che gli uomini, se Dio non lo avesse fatto, si sarebbero creati da soli, forgiandosi né più né meno di come sono ora, cioè perfetti! Oh, nulla si può contestar loro così inverosimilmente belli, così fieramente maschi, così indubbiamente e virilmente capaci e forti! Sì, sono pienamente convinta che se non ci avesse pensato il buon Dio, ce li saremmo certamente inventati da sole… e non nego e né mai negherò la mia assoluta e fatale attrazione verso questi esseri a me ancora sconosciuti. A parte, naturalmente, le cotte fanciullesche mai sfociate in niente di più che in vaghe chimere, il mio primo approccio reale con questi esseri “superiori” avvenne alla veneranda età di diciotto anni. Periodo in cui lasciavo la mia lunga adolescenza per diventare finalmente una donna adulta. Avevo frequentato fino ad allora una scuola professionale che non mi era mai stata congeniale per cui, preso un semplice attestato, mi stavo apprestando ad immergermi nell’ancora inesplorato mondo del lavoro nella speranza che la nuova situazione avrebbe potuto darmi almeno soddisfazioni materiali. Finalmente avrei risolto il problema principale dell’indipendenza economica e di conseguenza, lo auspicavo, anche quella psicologica dalla mia famiglia. Vedevo il mondo spalancarmi le porte e, non più soggetta a costrizioni, varcavo la soglia dell’età adulta per immergermi completamente nella sua dimensione e pronta ad accogliere le varie esperienze in cui sarei sicuramente inciampata.
In quel periodo oltre alla mia mente avevo aperto anche il mio cuore pulsante ed irrequieto, ma libero, soprattutto, da qualsiasi legame sentimentale e pronto ad incamerare le più entusiasmanti emozioni. Non credo che cercassi proprio un fidanzato ma… m’avrebbe fatto di certo piacere il ritrovarmi accanto ad un bel ragazzo che potesse farmi sentire almeno un poco al centro dell’attenzione. Avevo, sentivo il bisogno di essere considerata… Considerata bella, attraente e desiderabile. Insomma, avevo superato i diciotto anni e non avevo ancora avuto un flirt mentre, al contrario, mia sorella, di solo un anno più grande, era già fidanzata da quasi quattro anni. Per non parlare delle altre mie conoscenze femminili.
Percepivo che mi mancava qualcosa! Mi sentivo menomata e forse fu proprio per questa mia consapevole menomazione che mi lasciai andare, di li a poco, agli eventi. Io e mia sorella, allora, non avevamo di certo la stessa visione del mondo: lei proiettata già verso un futuro ben definito fatto di una casa, un marito, di un lavoro sicuro ecc.; io, al contrario, aperta alla vita in tutta la sua vastità di situazioni ma, non tanto insensibile da non capire quanto lei soffrisse per la lontananza forzata dal suo uomo per motivi di lavoro.
Se non ci accomunavano gli stessi ideali e le stesse posizioni, io e lei eravamo comunque vicine nel desiderare maggiore libertà di azione, essendo ormai consapevoli del nostro ruolo dentro una società lavorativa che avrebbe dovuto permetterci, almeno, un minimo di maggior considerazione per le nostre più impellenti necessità. Invece eravamo ancora chiuse dentro gli stretti canoni di una famiglia perbene circondata dalla falsa moralità del vicinato.

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