giovedì 11 aprile 2013

Diciamo basta alla violenza verbale ... :-)


Lo so, vi starete chiedendo, ma… quale violenza verbale?
Già! Quale? È che siamo ormai talmente abituati a convivere con osservazioni scortesi, propositi aggressivi, incitazioni bellicose che la violenza verbale è diventata un dato di fatto, un facente parte della nostra quotidianità senza che ce ne accorgiamo o tentiamo di prenderne atto cercando di difenderci da essa. Perché la violenza verbale, a volte è decisamente molto insidiosa. Perché quella che si esprime a parole è una forma di violenza molto sottile e pericolosa, è un modo di confronto distorto e distruttivo che va oltre le parti... oltre la logica del discorrere… dello scambiarsi opinioni e  del cercare di comprendersi. 
C’è chi pensa che la violenza verbale denoti una sorta di ignoranza, una mancanza di idee o modo per nascondere lacune culturali. Sì, potrebbe essere ma, io credo sia ormai un modo di pensare obsoleto in quanto oggi basta accendere un televisore, ascoltare i politici, i datori di lavoro, i colleghi referenziati, laureati, per scoprire che la violenza verbale non ha più confini culturali, societari, strutturali. Esiste e dilaga nelle bocche più impensabili e al di sopra di ogni sospetto, bocche che purtroppo scusiamo in quanto questo tipo di violenza è divenuta rappresentativa della nostra società. Il politico che sbraita contro il sistema sbagliato, contro un avversario che non si ritiene idoneo al posto che occupa, contro colui che si crede essere l’acerrimo nemico, viene scusato, anzi, elogiato. E ci si adegua al suo linguaggio e se ne viene rapiti… perché questo tipo di verbalismo arriva diritto dentro la nostra rabbia alimentandola, sfruttandola; rabbia dovuta all'impotenza, alla solitudine e disperazione e lui, quello che sta là su in alto con le sue ridondanze violente, se ne impossessa… la confonde… la distorce facendola sembrare buona e giusta e mettendola al suo servizio… E nessuno si accorge di ciò che in realtà sta succedendo, nessuno si accorge della manipolazione messa in atto.
Giornalmente accusiamo colpi della violenza verbale che provengono da un datore di lavoro o da un superiore per paura di perdere il lavoro, la posizione, un privilegio e non ci rendiamo conto che ciò che abbiamo perso o stiamo perdendo è invece la nostra dignità. Siamo talmente stressati e compressi nei nostri bisogni che usiamo quotidianamente la violenza verbale anche contro i nostri figli, i nostri partners, i nostri cari o contro quel poveraccio che ci ha pestato un piede in metropolitana o ha detto mezza parola storta mentre facevamo la fila per pagare un bollettino di conto corrente. Ce la prendiamo con gli altri e scusiamo noi stessi, perché la nostra mente è veramente tanto brava a trovare scusanti per i nostri comportamenti! Ma non è brava a comprendere che c’è chi attraverso la violenza verbale ben strutturata e convogliata ci sta rendendo schiavi e marionette. Schiavi di un potere difficile da riconoscere come tale e che agisce sulla nostra stessa rabbia alimentandola offuscando la potenza vera di un dialogo aperto e costruttivo fatto con cuore e mente aperta.
Cerchiamo quindi di essere coscienti di ciò che sta accadendo, non lasciamoci trascinare dalle parole acerrime, e invece di allinearci alla violenza verbale di coloro che l’hanno ormai adottata come stile di vita e di acquisizione di potere, proviamo a opporci a loro con un sorriso e parole leggere.
Anna Rita Scheri

1 commento:

  1. La violenza verbale è l’estremo tentativo di mettere parole su un’emozione inespressa che diventa rabbia, l’estremo tentativo di arrivare all’altro per poter sentire sé stessi. Come la violenza fisica o psicologica, sono comportamenti che provengono da un bisogno mancato, da uno scambio inibito, da un contatto interrotto, caduto nello spazio di vuoto che si crea tra due persone.

    E diventa una ruota, ogni comportamento è un raggio della ruota, “Power and control wheel”. E allora? Che fare? Che fare di fronte a tanto disagio che si esprime nella rabbia, nell’aggressività, nell’abuso di potere? Chi comincia per primo a portare l’alternativa? Chi fa il primo nuovo contatto?

    D

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