domenica 1 gennaio 2023

La condizione della Donna oggi...


Per comprendere la condizione della donna di oggi bisogna fare un excursus storico su quella che è stata la condizione femminile nel passato, un passato abbastanza buio, ritengo perché è solo verso la fine dell’Ottocento che le donne in Italia cominciano a vedere riconosciuti alcuni dei basilari diritti umani: come quello all’istruzione ottenuto nel 1874, quando alle donne viene consentito l’accesso ai licei e alle università anche se molte professioni rimasero precluse a laureate e diplomate. Nel 1946 le donne votarono per la prima volta, nel 1948 la Costituzione stabilì l’uguaglianza tra i sessi e solo, in un tempo abbastanza recente, nel 1975, una legge decretò la parità di diritti tra marito e moglie. La donna oggi è lavoratrice e cittadina e ha un importante peso nella società industrializzata, soprattutto da un punto di vista economico e produttivo. Pensiamo a quante donne manager oggi ci sono (sempre poche comunque), e alla donna presidente del Consiglio, la donna presidente di Confindustria, anche se sono un risultato occasionale, ma possiamo sperare in un prossimo futuro perché questo è il risultato di una guerra fatta di tante battaglie vinte e altrettante perse, ma che alla fine l’hanno portata, nel mondo occidentale, all’apice della piramide.

Quindi, nonostante i notevoli progressi compiuti, c’è ancora molta strada da percorrere prima di giungere all’effettiva parità di diritti tra uomo e donna. Se lo sviluppo umano nel suo complesso è un processo teso ad espandere le facoltà di scelta di tutte le persone, indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla religione, da qualsiasi condizione personale e sociale, è allora altrettanto giusto che nessuno, iniziando dalle donne, sia di fatto discriminato rispetto alle opportunità di carattere socio-politico ed economico. La discriminazione di genere deve essere abolita sotto ogni aspetto e situazione poiché la parità di dignità fra i sessi va considerata come uno dei principi fondamentali di qualsiasi paese civile

Oggi la condizione delle donne in Italia è radicalmente cambiata rispetto al passato, grazie ad una maggiore partecipazione alla società e alla vita politica, seppure con limiti ancora molto evidenti. La lotta al femminile per arrivare a questi primi risultati è stata lunga, difficile e caratterizzata da secoli di ingiustizie, ostacoli e sacrifici.

Anni fa, ero molto giovane, lessi un libro che si intitolava: ''La donna non è gente'' della scrittrice Armanda Guiducci, che mi rimase molto impresso e che ancora oggi ricordo benissimo. La donna non è gente viene da un detto contadino che significa: “La donna non conta, non esiste quale genere umano che meriti un segno nella Storia". Un detto popolare tratto da un saggio scritto diversi decenni or sono, ma ancora così attuale e degno di nota oggi, non solo per l’importanza della conoscenza della condizione femminile del passato, dell’esistenza emarginata delle più oppresse, ma perché chi lo legge oggi per la prima volta ci potrà vedere uno squarcio sulla condizione femminile ancora presente in molte parti del mondo. “La donna non è gente, non è nessuno, non è una persona”, queste parole esprimono perfettamente la condanna storica del genere femminile.

Ci portiamo dietro ancora il retaggio di una mentalità patriarcale, che ha visto nel corso della storia le donne “solo” mogli e madri senza percepire la cura e la dedizione nei riguardi della famiglia come un vero e proprio lavoro, un impegno anche educativo, soprattutto nei riguardi dei figli. E se pure del tutto anacronistico, questo modo di pensare va ad inficiare molte scelte di ragazze e di lavoratrici in ambito lavorativo, soprattutto, nonostante esistano leggi che prevedono la parità di trattamento tra uomini e donne, ma così non è, e purtroppo, ancora in molte sono costrette a scegliere tra vita professionale e vita familiare, rinunciando o allo stare con i figli sin dai primissimi mesi di vita o alla carriera professionale. Eppure curare la crescita di un figlio e instaurare con lui un rapporto sano è importante per il futuro di quel ragazzo o ragazza sia per loro stessi che dentro la nostra società.

Per quanto riguarda le leggi che tutelano le donne dal femminicidio, dallo stalking e dalla violenza domestica, anche se spesso non vengono applicate, solo recentemente sono state promulgate.

È negli anni Sessanta, al tempo del boom economico, che nascono e si sviluppano in Italia i movimenti femministi il cui obiettivo non è solamente rivendicare i principi di uguaglianza, ma anche quello di porre l’attenzione su temi che riguardano direttamente il mondo femminile come la sessualità, l’aborto e la contraccezione e non ultimo il divorzio. Prima del 1970 per le coppie sposate era possibile solo separarsi, ma con la separazione la donna rischiava comunque di rovinare per sempre la propria reputazione e di non ottenere nessun diritto per sé e per i suoi figli. Solo con la prima legge sul divorzio qualcosa cambia e viene regolamentato un iter di cinque anni, senza prevedere però per la donna la possibilità di riconoscere legittimi i figli avuti fuori dal matrimonio o dopo il divorzio e bisognerà aspettare fino al 1975, con la riforma del Diritto di Famiglia per far sì che anche i figli nati all’infuori del matrimonio vengano considerati ugualmente “legittimi” e l’adulterio del marito considerato una causa plausibile per la separazione e sarà possibile anche la comunione dei beni.

Non dimentichiamo però, che la legge per abolire il cosiddetto “matrimonio riparatore” e il “delitto d’onore”, prerogativa soprattutto di una certa parte dell’Italia, arrivò solo nel 1981. Prima di quella data, uno stupratore poteva potenzialmente sposare la sua vittima, “concedendole” di mantenere una reputazione dignitosa e non essere perseguito dalla legge obbligando la donna ad essere ‘violentata’ più volte e non solo fisicamente.

Un’altra data importante è il 1978 quando diventa possibile interrompere la gravidanza volontariamente sia per motivi personali che per la salute della donna e del neonato quando queste sono messe a rischio oppure valutando le circostanze del concepimento, come ad esempio lo stupro. L’aborto viene effettuabile entro i 90 giorni e il costo è coperto dallo Stato, mentre è consentito abortire fino ai primi 5 mesi di vita del feto solo se la gravidanza comporta gravi rischi per la donna e per il bambino. Ma quanto sarebbe meglio se le istituzioni si occupassero della donna aiutandola anche a non rinunciare alla maternità se non ha le condizioni economiche per poter tenere un figlio o in altre situazioni da valutare insieme ad una psicologa, perché il trauma di un aborto procurato non è facile da sopportare e resta spesso dentro un senso di colpa latente continuo.

Nel 2013 vengono finalmente regolamentati i provvedimenti penali da attribuire alla violenza di genere nei confronti delle donne. Per lo stalking e i maltrattamenti è previsto l’obbligo di arresto immediato; la denuncia è irrevocabile nel caso in cui la vittima abbia dei ripensamenti per timore o per aver subito minacce; la pena è inasprita se l’atto violento avviene in presenza di minori. Il problema, però, è che spesso queste leggi non vengono applicate.

Oggi, per le donne, c’è ancora molta discriminazione sia nel mondo del lavoro che a livello societario, i dati Istat rivelano che nelle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, è la donna a trascorrere gran parte del proprio tempo a prendersi cura della casa e dei figli, mentre il padre è generalmente molto assente. Anche i fenomeni di violenza, fisica, psicologica e verbale, sono ancora ampiamente diffusi. Circa il 32% delle donne sostiene di esserne stata vittima, considerando che tantissimi episodi non vengono denunciati.

Quindi, oltre alla promulgazione di leggi, molto importante è promuovere un cambio di mentalità. Il concetto di parità va impartito nei luoghi dell’educazione fin dalla prima infanzia, trasmettendo l’arricchimento che deriva dalle diversità di ognuno, da rispettare e valorizzare, ma per fare questo, dovremmo avere ben focalizzato cosa vuol dire Essere Donna.

Essere donna chiede una presa di consapevolezza di noi stesse, una consapevolezza che ci chiede di fermarci a guardarci per capire chi siamo, cosa vogliamo e dove vogliamo andare.

Il femminile oggi ha bisogno di uno sguardo unico e più attento per scoprire la nostra anima di donna e i nostri bisogni personali e universali. Ci sono peculiarità del femminile che chiedono attenzione e cura; il femminile oggi chiede anche di essere risollevato, ascoltato, accudito e visto. Nelle lotte, più che giuste sulla parità dei diritti tra uomo e donna, abbiamo perso il diritto al femminile, ce lo siamo dimenticato in un angolo e ha preso polvere, ma oggi, dentro un’epoca di smarrimento generale, anche maschile indubbiamente, il potere femminile sta chiedendo di poter riemergere di nuovo e bisogna quindi ritrovare la nostra identità di donna per fortificarci e proteggerci. Prendere dal passato il femminino sacro, la sacralità del nostro sentire al femminile che ci chiama alla riscoperta dell’accoglienza, dell’amorevolezza, dell’intuitività che ci contraddistingue e che chiede di fortificarsi e di essere protetto. Dobbiamo risvegliare in noi quegli antichi ritmi e poteri che oggi ci mancano perché sono loro che ci danno forza. Questo non significa tornare indietro, perdere quei privilegi che ci siamo conquistati, no! Significa arricchirci e porci in modo più determinato nell’affrontare il mondo ancor troppo maschilista. Acquisire forza, ma non forza maschile, ma quella forza che ci viene dalla gentilezza, dall’amorevolezza e dalla conoscenza piena della nostra identità e personalità, dall’essere femminili.

Ci manca la connessione con noi stesse, ci manca l’anima che possa respirare. E perché viviamo dentro troppa violenza, dentro troppe dipendenze affettive e angosce che creano una realtà chiusa e mortificante in cui soccombiamo, che a volte, per non soccombere, ci si omologa ad un maschile duro e arrabbiato. Noi emuliamo il potere maschile per farci strada, dimenticando i nostri reali bisogni e oscurando la nostra femminilità così unica. Troppe donne spaventate dal potere maschile, usano una forza e un disprezzo che non appartiene loro pur di non contattare il vuoto che hanno dentro e vivono da vittime nelle loro realtà chiuse, perse e smarrite. Personalmente ho sperimentato questa forza non autentica e questo disprezzo tirati fuori da una donna sul posto di lavoro. Presa dalla sua insicurezza in un ruolo che precedentemente era stato di un uomo, si è sentita in dovere e obbligata nel dimostrare il suo valore e questo l’ha portata a disprezzare un’altra donna pensando che lei potesse danneggiarla creandole un’immagine di fragilità di fronte ad un consiglio direttivo tutto al maschile. Pur di non soccombere ha distrutto ingiustamente un’altra donna…

Certo, ci hanno insegnato che l’uomo, per esser tale, deve essere sempre forte, ma lo hanno insegnato anche a lui, e oggi, dentro questa grande confusione di ruoli ne è uscito un uomo spaventato che usa violenza per non farsi vedere fragile, mentre la donna, che si è ribellata al suo ruolo di persona accondiscende e sottomessa è diventata, nella lotta, una donna arrabbiata o silenziosa che, nella sua solitudine non si sente degna di amore e di essere vista e ascoltata. Quante di noi hanno respirato aria di violenza e si sono impantanate dentro legami malsani? La violenza sulle donne che è sempre crescente, la continua ricerca di un’immagine perfetta da dare agli altri, del consenso e accettazione altrui, lo sprone ad essere sempre all’altezza delle logiche maschili, portano via energie, creano patologie come anoressia e depressione. Creano distanza da ciò che realmente noi siamo, distanza dalla nostra vera identità, dalla nostra anima.

Oggi, il potere femminile fa fatica a farsi spazio tra la folla delle aspettative e dei dogmi socialmente accettati, questa è la realtà! Cerchiamo continuamente il riscatto e ci dimentichiamo il cuore, e il desiderio del femminile che ha bisogno di ricevere, di chiedere e di ricevere.

Dimenticare cuore e anima significa dimenticare i bisogni di sorellanza e di amore.

Riscoprire di essere donna in tutto il suo potere, forza e autenticità, chiariamo, non significa escludere l’altro, ma ci aiuta nell’incontro con l’altro, un incontro che esclude la dipendenza, un incontro vero dove emergono i propri bisogni, bisogni che vengono accolti dall’altro in totalità e libertà. E tutto questo porta alla creazione di una sana relazione. Per fare questo serve però fermarsi, ascoltare e scoprire i nostri propri sogni e accoglierli.

Essere Donna significa vivere e sentire la connessione profonda con il sacro, con la nostra Madre Terra, sentire la vita e saperla vivere nella relazione con gli altri, ritrovare tutto ciò che è vivo e profondo dentro di noi per non appassire, mentre invece la donna di oggi si è persa perché ha preso su di sé tutti i ruoli, sia quelli maschili che quelli femminili e da questa miscela ne è emersa una solitudine e confusione tale da non saper più cosa significa lasciarsi essere, lasciarsi aprire al ricevere, all’accoglienza. Vogliamo essere eroine ma questo significa restare sole a combattere le proprie guerre, combattere senza far vedere la fatica, le incertezze, e soprattutto le lacrime e il fastidio della solitudine.

Essere donna, ricordiamolo, è un vantaggio da difendere! È migliorare il nostro tenore di vita, prenderci i nostri spazi e dare spazio ai nostri bisogni e sogni senza farci calpestare.

Finisco con un passo attribuito a William Shakespeare, ma che probabilmente è un passo preso dal Talmud, uno dei testi sacri dell’Ebraismo:

” La donna uscì dalla costola dell’uomo, non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore ma dal lato, per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata.”

Anna Rita Scheri

17 dicembre 2022



domenica 28 febbraio 2021

Comprendere chi siamo implica onestà e amore per noi stessi, perché guardarsi dentro, aggiornare la nostra vera identità attraverso il cambiamento costante è operazione a volte molto dolorosa, un bisturi che taglia e affonda.... Per questo la bugia, quella vera, la diciamo a noi stessi prima di elargirla agli altri ...
(Anna Rita Scheri)





martedì 12 febbraio 2019

Siamo esseri unici!


In un mondo che sembra girare per tutti nello stesso verso, in cui la Terra ruota attorno allo stesso asse e il tempo è scandito così dalle stagioni, dagli anni, dai mesi, dalle settimane, dai giorni, dal buio e dalla luce, dalle ore, dai minuti, dai secondi uguali per tutti, tutto ciò che vive su questa Terra è in realtà un piccolo mondo a sé, con la propria orbita, con i propri tempi, il proprio modo di essere e percepire. Il battito d’ala di una farfalla sarà diverso dal rotolare di un masso giù dalla montagna, eppure entrambi eseguono un movimento. Il becco infilato dentro il calice di un fiore di un colibrì sarà diverso dalle zanne di un leone affondate dentro la carne di una tenera gazzella, ma entrambi si nutrono. La pelle di un indigeno, intento a cercare di inventare una nuova trappola per catturare un animale, è diversa da quella di un europeo che lavora dentro un laboratorio di ricerca per debellare un nuovo virus, ma entrambi usano il ragionamento… Anche se tutto sembra andare verso uno stesso scopo, il muoversi, il nutrirsi, il ragionare, ognuno lo fa però in modo diverso, in base alle proprie esigenze corporee, psichiche, ambientali e razziali. Se tutto questo lo rapportiamo al solo genere umano, pur pensando che si muova sullo stesso asse, scandendo lo stesso tempo, usando lo stesso cervello, ci rendiamo conto di quanto ogni persona sia diversa l’una dall’altra. L’evidenza assoluta sta nell’aspetto fisico. Difficile trovare un uomo uguale all’altro, e pur nelle somiglianze più palesi, se guardiamo bene, c’è qualcosa di difforme…. Allora mi chiedo: perché invece per quanto riguarda l’interiorità, i sentimenti, i pensieri, si crede troppo spesso che gli esseri umani non siano poi così dissimili l’uno dall’altro? Perché si pensa che in fondo l’amore sia un sentimento uguale per tutti, che il dolore sia percepito nella stessa maniera con le stesse scale di valori, che i comportamenti debbano essere per forza razionalmente, scientificamente, psicologicamente, allineati su uno stesso tracciato per tutti?
Per il DNA, base fondamentale della vita nel cui interno si trovano i cromosomi con tutte le informazioni genetiche che si trasmettono da un individuo all'altro, c'è un'alta improbabilità che due persone possano averlo uguale. Ed esistono situazioni di vita, di scelte differenti per ogni essere umano, pur vivendo nello stesso ambiente sociale, familiare, culturale o razziale e potrei andare avanti all’infinito con altri esempi dello stesso genere. 
Le persone che si incontrano difficilmente sono percepite nello stesso modo da ogni singolo individuo. Diverso sarà il modo di recepirle, valutarle, accettarle e anche se così non fosse, e a cambiare fosse solo il contesto, inevitabile sarebbe il cambio d’atteggiamento.
Molto spesso si fa l’errore di generalizzare, di credere che tutti possano rispondere a livello emotivo o logico nella stessa maniera nelle stesse situazioni, che le nostre esperienze possano valere anche per altri. Pur vivendo nell’era dell’individualismo, aborrendo ogni forma di collettivismo, si è comunque portati a pensare alla massificazione dei sentimentalismi, delle azioni, dei ragionamenti, delle soluzioni… Ma se ogni uomo esprimesse se stesso nello stesso modo di tanti altri come lui, non esisterebbe il pensiero creativo, non esisterebbe l’arte e l’espressione amorosa piena di sfumature, perché comporrebbero tutti la stessa canzone, dipingerebbero tutti lo stesso quadro, scriverebbero la stessa poesia oppure galleggerebbero tutti dentro lo stesso nulla.
Quando capita di parlare dei nostri problemi, affanni, difficoltà, ci sentiamo dare sempre le stesse risposte, le stesse soluzioni, fare gli stessi rimproveri, eppure nessuna delle persone con cui parliamo ha incontrato chi noi abbiamo incontrato, vissuto la nostra vita, amato nel nostro modo, subito ciò che noi abbiamo subito col nostro sentire, eppure, tutti si sentono in grado di trovare la soluzione che noi non abbiamo trovato mettendo in moto un ragionamento logico e analitico del tutto personale… Eppure in molti cadono dentro questo tranello e si lasciano trasportare, guidare… comandare…e, purtroppo … manipolare!
Concediamo invece comprensione e benevolenza alla follia e all’irrazionalità personale, al nostro modo unico di essere e di pensare. E lasciamo anche che gli altri esprimano loro stessi… perché, qualcosa potrebbero comunque insegnarci…

(anna rita scheri)


sabato 10 novembre 2018

Perché scrivere un romanzo?


Una domanda che mi sento rivolgere spesso è: da dove viene l’idea di scrivere un romanzo?
Più volte ho risposto che non credo che ‘nasca l'idea di scrivere un romanzo’. O almeno non succede a me. Più che altro il mio è un sentir crescere il bisogno di scrivere che dà il via ad una nuova storia da raccontare! Perché lo scrivere, il raccontare è un qualcosa che si ha dentro e che si ha il bisogno di tirare fuori e farlo espandere perché altrimenti imploderebbe consumando energia ed eros  inutilmente.
Davanti ad un pc, una pagina bianca, scorrono quindi le parole una dietro l’altra in un tempo non tempo, fino a notte fonda, fino al mattino, fino a quando gli occhi si chiudono per la stanchezza pur non volendo cedere ancora al sonno, perché c’è ancora qualcosa da aggiungere, da scrivere, da buttare giù, anche se è solo la bozza di quel pensiero che passa velocemente e che bisogna acchiappare al volo per non perdere nulla… Perché i pensieri, ahimè, sono più veloci delle dita sulla tastiera che tentano inutilmente di gareggiare in velocità dentro una competizione che sapranno già di perdere a priori, dato che il pensiero vola via velocemente e ciò che rimane è troppo poco per quello che si avrebbe voluto ancora raccontare, esprimere, fissare nel tempo. Tutto ciò che è rimasto in sospeso verrà dopo, dentro un altro capitolo o in un altro libro… chissà!?
Indubbio è che più scrivi più impari a farlo e più hai voglia di farlo! E non è soltanto un esercizio della mente, ma lo scrivere un racconto, un romanzo, coinvolge quella parte emotiva e irrazionale  che ti porta a viaggiare dentro emozioni inespresse o già vissute, che non sono state ancora archiviate  e possono rivivere attraverso l’immaginazione per sperimentare ancora  e donare.
Donare al mondo il frutto della creatività che si esprime attraverso le parole, le emozioni, il dialogo sottile della narrazione mentre c’è chi ascolta e soggiace al ritmo della musica delle parole e nel silenzio interiore che il leggere un romanzo, un racconto, una poesia, chiede con amore…
(Anna Rita Scheri)


domenica 19 agosto 2018

Certezze indubbie ...


Parlare con persone che hanno solo certezze ha dell’incredibile parossismo! Sembra che nulla le scalfigga. Nessun dubbio, nessun'altra possibile realtà diversa dalla loro arriva ad intaccarle con il dubbio, sia pur nell’attimo del passaggio veloce di un manto leggero che transita loro accanto portando con sé un alito di vento scomposto o quello più lungo di un uragano che spazza via tutto ciò che incontra! Nessun’altra possibile realtà, se non la loro, viene considerata nei margini della logica rigorosa del pensiero che appartiene ad una mente che appare e si crede riconciliata con il mondo dell’impossibile mostrandosi lucida e perfetta. Esse riescono talmente bene a seguire il filo assoluto dei loro ragionamenti che tutto ciò che da un altro interlocutore arriva è sbagliato a priori. La non cognizione che qualsiasi altra verità possa esistere al di fuori della loro logica e precisa argomentazione e/o convinzione e possa anche essere giusta e buona, li porta a vivere dentro un mondo squadrato dove nulla può essere rimosso o tanto meno messo in dubbio da punti interrogativi o da incertezze. Il vago, non vi alloggia, il senso di smarrimento non può dimorarvi. Il loro quadrato, squadrato tanto perfettamente, è il luogo ove tutta l’imperfezione del mondo è stata rimossa e posta “al di fuori”, considerata criticamente come sbagliata, confusionaria, impossibile e malevola. Quando parli, loro non ti ascoltano, quando esprimi dissenso, loro ti condannano, quando provi a contraddirli, loro alzano la voce perché non accettano di essere contraddetti! Nella paura che il loro bel castello di carte possa essere distrutto, le pone sempre a difesa della loro rigida esistenza e della non accettazione del dubbio o di un’altra possibile verità. E con questo atteggiamento, restano lontane dal comprendere che nello stesso attimo in cui negano l’altro, il diverso, negano l’amore e la comprensione anche per loro stesse! Rigide, imbalsamate, prive di empatia, esse continuano ad esprimere solo e perenni certezze, negando sentimenti ed emozioni.
(Anna Rita Scheri)

giovedì 2 agosto 2018

Una donna sbagliata (?) - Romanzo di Anna Rita Scheri


Sono Donna. Sono donna ogni giorno della mia vita, dentro ogni attimo in cui respiro, dentro ogni sorriso che mi fa sentire bene o dentro una lacrima che scivola lungo una ruga. Sono donna quando credo che l’amore mi prenderà per mano per condurmi lungo sentieri della felicità, sono donna anche quando l’amore mi delude, mi tradisce e mi abbandona dentro il mare sconosciuto della solitudine. Sono donna quando nel mio ventre cresce la vita e quando la carne della mia carne, per vivere la sua di vita, si allontana. Sono donna quando accolgo quella mano che mi accarezza per sostenere, comprendere, assistere, ma anche quando quella mano mi denigra, colpisce, abbandona… Sono donna quando, guardando negli occhi un’altra donna, invece di un’amica trovo una nemica o scorgo il mio stesso mancamento, la mia stessa disperazione e il vuoto che mi circonda lo riempio con un abbraccio donato con amore. E sono donna anche dentro il mio essere artista, dentro quella diversità che accompagna la creatività e la sensitività che mi contraddistinguono. Sono donna dentro il desiderio di essere accettata per quello che sono e appoggiata nelle mie scelte e aspirazioni. Mi sento donna perché in me è l’Universo e dentro l’Universo la Donna-Madre-Dea ha un posto di primo piano nell’ordine delle cose. Mi sento donna nella totalità dell’Essere e per questo il rispetto e l’amore per me stessa diventano priorità…



Anna Rita Scheri, pittrice, poetessa, scrittrice romana, ha scritto poesie e racconti pubblicando un libro catalogo: Come in un volo… dentro un sogno (2007), il romanzo: Protagonista di vita (2010) e la raccolta di racconti: Che bello stare con te! (2013). Come pittrice, dal 2000 a oggi, espone le sue opere in personali e mostre collettive conseguendo premi e riconoscimenti a livello internazionale.
Sono donne le protagoniste dei suoi racconti e romanzi, ma anche molto presenti nella sua pittura. Donne alla ricerca di loro stesse, della loro interiorità, a volte eteree e molto spirituali pur nella loro concretezza terrena.
Sono donne le protagoniste dei suoi racconti e romanzi, ma anche molto presenti nella sua pittura. Donne alla ricerca di loro stesse, della loro interiorità, a volte eteree e molto spirituali pur nella loro concretezza terrena.
In questo suo ultimo lavoro: Una donna sbagliata, la protagonista è dentro un percorso di ricerca - in psicologia, esoterismo, spiritualità - che la porta verso esperienze inusuali e profonde. Una donna al di fuori degli schemi e delle regole alle quali troppi sembrano attenersi senza porsi domande e cercare risposte. Al contrario di lei che segue percorsi tortuosi dentro una diversità che la contraddistingue e che le porta solitudine. Una continua battaglia per farsi accettare e trovare il ‘suo posto’, ma soprattutto, accettarsi e amarsi per ciò che è.


sabato 7 aprile 2018

Aforisma

L'amore ha valenze troppo alte per preoccuparsi della limitatezza degli esseri umani. 
Lui viaggia a testa alta e gli uomini abbassano il capo nell'incontrarlo, non per deferenza o gratitudine... ma solo per paura di doverlo riconoscere. (Anna Rita Scheri) 

lunedì 2 aprile 2018

L'INCONTRO, racconto di Anna Rita Scheri


Erano stati giorni, quelli, di pesantezza e ferite dentro la  mia anima. Giorni in cui il mio spirito si era piegato e ritirato dietro una sorte avversa che sembrava non volermi lasciare in pace. La stanchezza fisica e mentale si era impossessata della mia esistenza e mi trascinava lungo vie buie, appesantita da fardelli ingombranti sulle spalle ricurve. Non sapevo neppure più chi fossi, cosa volessi e perché stessi respirando ancora ma… per fortuna la mia forza lascia sempre uno spiraglio, una fessura aperta affinché anche una piccola flebile luce possa comunque attraversare il buio e quel giorno, in fila in un ambulatorio medico, dentro quella fessura ho incontrato il sorriso di un angelo adagiato ancora dentro la pancia della sua mamma.
L’alzheimer è una malattia insidiosa, devastante e irrisolvibile sia per l’ammalato che per i parenti che se ne prendono cura e stava logorando mia madre fisicamente e mentalmente - e   moralmente me - ormai da molti mesi, ed erano diventate quotidianità le trafile tra medici, ospedali, pratiche burocratiche e assistenti sociali.
Anche quella mattina ero in fila per delle ricette presso l’ambulatorio del medico di famiglia, pensando alle mille altre cose che avrei potuto e dovuto fare dentro quel tempo che stavo invece spendendo obbligatoriamente in piedi e in attesa del mio turno, quando  lo sguardo di una giovane donna incinta che parlava con l’infermiera incrociò il mio. La vidi sorridermi una, due, tre volte, tra una richiesta e l’altra di prescrizioni di analisi. Poi la sentii chiedermi:
“Anche lei è incinta?”.
“No.” - le risposi io alquanto diverta e pensando quanto fosse buffa quella domanda fatta quasi con una coscienza tale da non voler essere smentita.
“Mi scusi ma lei è pressappoco vestita come me e credevo…” - aggiunse quindi con imbarazzo.
Le sorrisi anche io pensando che in fondo aveva ragione. Da sotto il piumino il pantacollant e il lungo maglione di lana che si vedevano potevano far presupporre una probabile pancia da mamma in attesa che però… in realtà non c’era. E continuando a sorridere le risposi che non avevo più l’età ormai per diventare di nuovo madre.
“Ma lei è ancora così giovane e un altro figlio può sempre pensare di averlo, non crede??”. - Continuò ad incalzare lei quasi volesse convincermi che ero ancora in grado di generare vita dentro di me! E così cogliendo lo spunto di quel fraintendimento ci siamo messe a chiacchierare sulla bellezza dell’essere madre e di come i figli possano riempirti la vita.
“Questa bambina per me è stata una benedizione. – mi confessò poi ad un tratto - E’ morto mio fratello qualche anno fa e da allora non ero più riuscita ad essere felice, a stare bene.” 
“Mi dispiace - le dissi con una fitta al cuore - so cosa significa perdere una persona che si ama”.
“Era mio fratello gemello - mi confidò ancora - e per me è stato un dolore infinito”.  
“Già, - le risposi guardandola con dolcezza - un dolore che non se ne va e sembra che tutto sia successo ieri”.
Lei mi sorrise di nuovo annuendo, mi accorsi però della serenità che c’era in quel sorriso.
“E’ vero - mi disse ancora - ma alla fine arriva la rassegnazione. Non le nascondo però che per superare il dolore ho dovuto ricorrere ad uno psicoterapeuta. C’è stato chi mi diceva: aiutati che Dio ti aiuta, oppure che in molti avevano avuto dolori come il mio, se non addirittura più grandi, e li avevano superati con coraggio da soli, ma io mi sentivo male e non riuscivo ad uscirne. Avevo bisogno di aiuto ma nessun era disposto a comprendermi…”
Come la capivo! Come conoscevo i sintomi di quella sofferenza simile a tanta altra generata da condizioni diverse e anche la solitudine. La solitudine del dolore!
La confortai con dolcezza:
“Ogni dolore appartiene alla persona che lo prova e deve essere elaborato per quello che è. Deve essere rispettato! Non ha importanza che ci siano altri con dolori forse più grandi di quello che si sta provando, è giusto avere considerazione del dolore di ogni singolo essere e di qualsiasi grandezza o profondità esso sia!” – e con dolcezza ribadii che ogni sofferenza è grande per chi la prova e non può essere giudicata dagli altri con un metro o peso che non ci appartiene e che non esiste.
“E poi, per riconoscere di non farcela da soli, di aver bisogno di aiuto, ci vuole un grande coraggio. - continuai - Ammettere con se stessi e con gli altri che si ha un problema, ci vuole coraggio. Ha fatto bene ad andare da uno psicoterapeuta se lo ha ritenuto giusto e se poi l’ha aiutata.”
Lo sguardo di gratitudine scaturito dalle mie parole su quella delicata e forte donna fu poi una carezza sulla mia pelle e quando alla fine, ottenute le ricette, la futura mamma mi salutò con il suo bel sorriso, poggiando la mano sul mio braccio dicendomi: “E’ stato bello incontrare una persona come lei. Grazie per la carineria che ha avuto nei miei confronti e per avermi ascoltato” - io mi sentii grata per quell’incontro che il cielo aveva voluto regalarmi e le risposi:
 “Sono io a doverla ringraziare…”
E sì, perché ero stata io, quella mattina, ad aver ricevuto il dono magnifico di  un doppio sorriso: quello di una mamma e della piccola bimba dentro la sua pancia. Un doppio sorriso che mi riempì il cuore e che ringraziai più di una volta per avermi ridato la voglia di aprirmi ancora alla vita. La vita che sempre e comunque… germoglia!!


Pubblicato nel 2014 sul libro: "Insieme, Autori per la Sardegna" a sostegno delle popolazioni colpite dall'alluvione in Sardegna del 20 novembre 2013




lunedì 19 febbraio 2018

Che bello stare con te! - Nove racconti per nove donne.


Le donne hanno mille volti, mille sfumature, per questo ho cercato di riportare il tutto con parole, con segni, sui fogli bianchi nel mio terzo libro “Che bello stare con te!”. Un saggio contenente nove racconti, scritti in momenti ed in anni differenti fino a formare un coro di voci al femminile che aveva bisogno di farsi udire. Perché ogni donna prova sentimenti, emozioni, esperienze di vita tipiche del proprio sentire e in questo libro c’è concentrata se non tutta l’essenza dell’animo femminile almeno in gran parte.
Ognuna delle protagoniste è parte di me, dei miei amori, dei miei sogni, delle mie sofferenze, della mia rabbia e tanto altro... Sono donne che hanno vissuto le loro emozioni attraverso le mie esperienze belle o brutte che siano state e dunque reali dentro le loro storie. Sono donne che hanno amato, sofferto, cercato di cambiare il loro modo di essere o almeno ci hanno provato ed io le amo tutte profondamente e non saprei sceglierne una che mi abbia travolto più di un'altra. Loro sono me ed io sono loro, non potrebbe essere diversamente.
Per chi desidera acquistare una copia del libro, può contattarmi attraverso questo blog o su facebook.