“Oggi siamo inconsci della
bellezza. Siamo an-estetici, anestetizzati, psichicamente ottusi.” - Come dare
torto al grande James Hillman?
Abbiamo dimenticato
l’espressione stessa della bellezza, la bellezza da celebrare dentro lo spazio
sacro, un momento sacro con qualcosa di lieto da fare nella crescente
connessione con il cielo, creando così un ponte energetico che restituisce
potere e sacralità alla terra, al luogo in cui si agisce.
Il luogo del rito indiscusso,
un atto (o insieme di atti) che viene eseguito
secondo norme codificate. E sia che abbia un fine sociale o connesso con la
religione o che sia strettamente personale, il rito ha bisogno di una
partecipazione emotiva profonda, senza la quale cesserebbe di esistere. Quella
stessa partecipazione emotiva profonda che richiede il riconoscimento della
bellezza!
Ogni spazio sacro è quello
separato ermeticamente dal mondo temporale. Uno spazio in cui nulla vi penetra.
Una zona eterna protetta dall’impatto con gli stimoli del tempo, dove ci si può
separare da tutto il resto; lo stesso dove un artista, un pittore diventa
entità a se stante, nell’esclusione del mondo per celebrare il suo rito
personale di creazione. Perché nella connessione con il divino all’interno e
all’esterno di se stesso, l’artista pone l’emotività profonda al servizio della
conoscenza dell’invisibile. Il sacerdote dell’arte che si racconta come un mito
da cui trae il simbolo che si mostra per spiegare il mistero della vita.
Il cavalletto o lo strumento
musicale o qualsivoglia foglio bianco diventano l’altare ove egli celebra il
sacrificio esponendolo al giudizio profano nella nudità dell’anima.
Per questo amo, nel titolo di
questa mostra, l’espressione: LA VERITÀ DELLA BELLEZZA. È il dar modo a tutti
di approfittare dello spazio sacro dell’esposizione, per scendere nel profondo
di se stessi, connettendosi a quella verità-emozione che solo l’arte può evocare
attraverso la visione e percezione della Bellezza…
Anna Rita Scheri
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