Per comprendere la condizione della donna di oggi bisogna fare un excursus storico su quella che è stata la condizione femminile nel passato, un passato abbastanza buio, ritengo perché è solo verso la fine dell’Ottocento che le donne in Italia cominciano a vedere riconosciuti alcuni dei basilari diritti umani: come quello all’istruzione ottenuto nel 1874, quando alle donne viene consentito l’accesso ai licei e alle università anche se molte professioni rimasero precluse a laureate e diplomate. Nel 1946 le donne votarono per la prima volta, nel 1948 la Costituzione stabilì l’uguaglianza tra i sessi e solo, in un tempo abbastanza recente, nel 1975, una legge decretò la parità di diritti tra marito e moglie. La donna oggi è lavoratrice e cittadina e ha un importante peso nella società industrializzata, soprattutto da un punto di vista economico e produttivo. Pensiamo a quante donne manager oggi ci sono (sempre poche comunque), e alla donna presidente del Consiglio, la donna presidente di Confindustria, anche se sono un risultato occasionale, ma possiamo sperare in un prossimo futuro perché questo è il risultato di una guerra fatta di tante battaglie vinte e altrettante perse, ma che alla fine l’hanno portata, nel mondo occidentale, all’apice della piramide.
Quindi, nonostante i notevoli progressi compiuti, c’è ancora molta strada da percorrere prima di giungere all’effettiva parità di diritti tra uomo e donna. Se lo sviluppo umano nel suo complesso è un processo teso ad espandere le facoltà di scelta di tutte le persone, indipendentemente dal sesso, dalla razza, dalla lingua, dalla religione, da qualsiasi condizione personale e sociale, è allora altrettanto giusto che nessuno, iniziando dalle donne, sia di fatto discriminato rispetto alle opportunità di carattere socio-politico ed economico. La discriminazione di genere deve essere abolita sotto ogni aspetto e situazione poiché la parità di dignità fra i sessi va considerata come uno dei principi fondamentali di qualsiasi paese civile
Oggi la condizione delle donne in Italia è radicalmente cambiata rispetto al passato, grazie ad una maggiore partecipazione alla società e alla vita politica, seppure con limiti ancora molto evidenti. La lotta al femminile per arrivare a questi primi risultati è stata lunga, difficile e caratterizzata da secoli di ingiustizie, ostacoli e sacrifici.
Anni fa, ero molto giovane, lessi un libro che si intitolava: ''La donna non è gente'' della scrittrice Armanda Guiducci, che mi rimase molto impresso e che ancora oggi ricordo benissimo. La donna non è gente viene da un detto contadino che significa: “La donna non conta, non esiste quale genere umano che meriti un segno nella Storia". Un detto popolare tratto da un saggio scritto diversi decenni or sono, ma ancora così attuale e degno di nota oggi, non solo per l’importanza della conoscenza della condizione femminile del passato, dell’esistenza emarginata delle più oppresse, ma perché chi lo legge oggi per la prima volta ci potrà vedere uno squarcio sulla condizione femminile ancora presente in molte parti del mondo. “La donna non è gente, non è nessuno, non è una persona”, queste parole esprimono perfettamente la condanna storica del genere femminile.
Ci portiamo dietro ancora il retaggio di una mentalità patriarcale, che ha visto nel corso della storia le donne “solo” mogli e madri senza percepire la cura e la dedizione nei riguardi della famiglia come un vero e proprio lavoro, un impegno anche educativo, soprattutto nei riguardi dei figli. E se pure del tutto anacronistico, questo modo di pensare va ad inficiare molte scelte di ragazze e di lavoratrici in ambito lavorativo, soprattutto, nonostante esistano leggi che prevedono la parità di trattamento tra uomini e donne, ma così non è, e purtroppo, ancora in molte sono costrette a scegliere tra vita professionale e vita familiare, rinunciando o allo stare con i figli sin dai primissimi mesi di vita o alla carriera professionale. Eppure curare la crescita di un figlio e instaurare con lui un rapporto sano è importante per il futuro di quel ragazzo o ragazza sia per loro stessi che dentro la nostra società.
Per quanto riguarda le leggi che tutelano le donne dal femminicidio, dallo stalking e dalla violenza domestica, anche se spesso non vengono applicate, solo recentemente sono state promulgate.
È negli anni Sessanta, al tempo del boom economico, che nascono e si sviluppano in Italia i movimenti femministi il cui obiettivo non è solamente rivendicare i principi di uguaglianza, ma anche quello di porre l’attenzione su temi che riguardano direttamente il mondo femminile come la sessualità, l’aborto e la contraccezione e non ultimo il divorzio. Prima del 1970 per le coppie sposate era possibile solo separarsi, ma con la separazione la donna rischiava comunque di rovinare per sempre la propria reputazione e di non ottenere nessun diritto per sé e per i suoi figli. Solo con la prima legge sul divorzio qualcosa cambia e viene regolamentato un iter di cinque anni, senza prevedere però per la donna la possibilità di riconoscere legittimi i figli avuti fuori dal matrimonio o dopo il divorzio e bisognerà aspettare fino al 1975, con la riforma del Diritto di Famiglia per far sì che anche i figli nati all’infuori del matrimonio vengano considerati ugualmente “legittimi” e l’adulterio del marito considerato una causa plausibile per la separazione e sarà possibile anche la comunione dei beni.
Non dimentichiamo però, che la legge per abolire il cosiddetto “matrimonio riparatore” e il “delitto d’onore”, prerogativa soprattutto di una certa parte dell’Italia, arrivò solo nel 1981. Prima di quella data, uno stupratore poteva potenzialmente sposare la sua vittima, “concedendole” di mantenere una reputazione dignitosa e non essere perseguito dalla legge obbligando la donna ad essere ‘violentata’ più volte e non solo fisicamente.
Un’altra data importante è il 1978 quando diventa possibile interrompere la gravidanza volontariamente sia per motivi personali che per la salute della donna e del neonato quando queste sono messe a rischio oppure valutando le circostanze del concepimento, come ad esempio lo stupro. L’aborto viene effettuabile entro i 90 giorni e il costo è coperto dallo Stato, mentre è consentito abortire fino ai primi 5 mesi di vita del feto solo se la gravidanza comporta gravi rischi per la donna e per il bambino. Ma quanto sarebbe meglio se le istituzioni si occupassero della donna aiutandola anche a non rinunciare alla maternità se non ha le condizioni economiche per poter tenere un figlio o in altre situazioni da valutare insieme ad una psicologa, perché il trauma di un aborto procurato non è facile da sopportare e resta spesso dentro un senso di colpa latente continuo.
Nel 2013 vengono finalmente regolamentati i provvedimenti penali da attribuire alla violenza di genere nei confronti delle donne. Per lo stalking e i maltrattamenti è previsto l’obbligo di arresto immediato; la denuncia è irrevocabile nel caso in cui la vittima abbia dei ripensamenti per timore o per aver subito minacce; la pena è inasprita se l’atto violento avviene in presenza di minori. Il problema, però, è che spesso queste leggi non vengono applicate.
Oggi, per le donne, c’è ancora molta discriminazione sia nel mondo del lavoro che a livello societario, i dati Istat rivelano che nelle famiglie in cui entrambi i genitori lavorano, è la donna a trascorrere gran parte del proprio tempo a prendersi cura della casa e dei figli, mentre il padre è generalmente molto assente. Anche i fenomeni di violenza, fisica, psicologica e verbale, sono ancora ampiamente diffusi. Circa il 32% delle donne sostiene di esserne stata vittima, considerando che tantissimi episodi non vengono denunciati.
Quindi, oltre alla promulgazione di leggi, molto importante è promuovere un cambio di mentalità. Il concetto di parità va impartito nei luoghi dell’educazione fin dalla prima infanzia, trasmettendo l’arricchimento che deriva dalle diversità di ognuno, da rispettare e valorizzare, ma per fare questo, dovremmo avere ben focalizzato cosa vuol dire Essere Donna.
Essere donna chiede una presa di consapevolezza di noi stesse, una consapevolezza che ci chiede di fermarci a guardarci per capire chi siamo, cosa vogliamo e dove vogliamo andare.
Il femminile oggi ha bisogno di uno sguardo unico e più attento per scoprire la nostra anima di donna e i nostri bisogni personali e universali. Ci sono peculiarità del femminile che chiedono attenzione e cura; il femminile oggi chiede anche di essere risollevato, ascoltato, accudito e visto. Nelle lotte, più che giuste sulla parità dei diritti tra uomo e donna, abbiamo perso il diritto al femminile, ce lo siamo dimenticato in un angolo e ha preso polvere, ma oggi, dentro un’epoca di smarrimento generale, anche maschile indubbiamente, il potere femminile sta chiedendo di poter riemergere di nuovo e bisogna quindi ritrovare la nostra identità di donna per fortificarci e proteggerci. Prendere dal passato il femminino sacro, la sacralità del nostro sentire al femminile che ci chiama alla riscoperta dell’accoglienza, dell’amorevolezza, dell’intuitività che ci contraddistingue e che chiede di fortificarsi e di essere protetto. Dobbiamo risvegliare in noi quegli antichi ritmi e poteri che oggi ci mancano perché sono loro che ci danno forza. Questo non significa tornare indietro, perdere quei privilegi che ci siamo conquistati, no! Significa arricchirci e porci in modo più determinato nell’affrontare il mondo ancor troppo maschilista. Acquisire forza, ma non forza maschile, ma quella forza che ci viene dalla gentilezza, dall’amorevolezza e dalla conoscenza piena della nostra identità e personalità, dall’essere femminili.
Ci manca la connessione con noi stesse, ci manca l’anima che possa respirare. E perché viviamo dentro troppa violenza, dentro troppe dipendenze affettive e angosce che creano una realtà chiusa e mortificante in cui soccombiamo, che a volte, per non soccombere, ci si omologa ad un maschile duro e arrabbiato. Noi emuliamo il potere maschile per farci strada, dimenticando i nostri reali bisogni e oscurando la nostra femminilità così unica. Troppe donne spaventate dal potere maschile, usano una forza e un disprezzo che non appartiene loro pur di non contattare il vuoto che hanno dentro e vivono da vittime nelle loro realtà chiuse, perse e smarrite. Personalmente ho sperimentato questa forza non autentica e questo disprezzo tirati fuori da una donna sul posto di lavoro. Presa dalla sua insicurezza in un ruolo che precedentemente era stato di un uomo, si è sentita in dovere e obbligata nel dimostrare il suo valore e questo l’ha portata a disprezzare un’altra donna pensando che lei potesse danneggiarla creandole un’immagine di fragilità di fronte ad un consiglio direttivo tutto al maschile. Pur di non soccombere ha distrutto ingiustamente un’altra donna…
Certo, ci hanno insegnato che l’uomo, per esser tale, deve essere sempre forte, ma lo hanno insegnato anche a lui, e oggi, dentro questa grande confusione di ruoli ne è uscito un uomo spaventato che usa violenza per non farsi vedere fragile, mentre la donna, che si è ribellata al suo ruolo di persona accondiscende e sottomessa è diventata, nella lotta, una donna arrabbiata o silenziosa che, nella sua solitudine non si sente degna di amore e di essere vista e ascoltata. Quante di noi hanno respirato aria di violenza e si sono impantanate dentro legami malsani? La violenza sulle donne che è sempre crescente, la continua ricerca di un’immagine perfetta da dare agli altri, del consenso e accettazione altrui, lo sprone ad essere sempre all’altezza delle logiche maschili, portano via energie, creano patologie come anoressia e depressione. Creano distanza da ciò che realmente noi siamo, distanza dalla nostra vera identità, dalla nostra anima.
Oggi, il potere femminile fa fatica a farsi spazio tra la folla delle aspettative e dei dogmi socialmente accettati, questa è la realtà! Cerchiamo continuamente il riscatto e ci dimentichiamo il cuore, e il desiderio del femminile che ha bisogno di ricevere, di chiedere e di ricevere.
Dimenticare cuore e anima significa dimenticare i bisogni di sorellanza e di amore.
Riscoprire di essere donna in tutto il suo potere, forza e autenticità, chiariamo, non significa escludere l’altro, ma ci aiuta nell’incontro con l’altro, un incontro che esclude la dipendenza, un incontro vero dove emergono i propri bisogni, bisogni che vengono accolti dall’altro in totalità e libertà. E tutto questo porta alla creazione di una sana relazione. Per fare questo serve però fermarsi, ascoltare e scoprire i nostri propri sogni e accoglierli.
Essere Donna significa vivere e sentire la connessione profonda con il sacro, con la nostra Madre Terra, sentire la vita e saperla vivere nella relazione con gli altri, ritrovare tutto ciò che è vivo e profondo dentro di noi per non appassire, mentre invece la donna di oggi si è persa perché ha preso su di sé tutti i ruoli, sia quelli maschili che quelli femminili e da questa miscela ne è emersa una solitudine e confusione tale da non saper più cosa significa lasciarsi essere, lasciarsi aprire al ricevere, all’accoglienza. Vogliamo essere eroine ma questo significa restare sole a combattere le proprie guerre, combattere senza far vedere la fatica, le incertezze, e soprattutto le lacrime e il fastidio della solitudine.
Essere donna, ricordiamolo, è un vantaggio da difendere! È migliorare il nostro tenore di vita, prenderci i nostri spazi e dare spazio ai nostri bisogni e sogni senza farci calpestare.
Finisco con un passo attribuito a William Shakespeare, ma che probabilmente è un passo preso dal Talmud, uno dei testi sacri dell’Ebraismo:
” La donna uscì dalla costola dell’uomo, non dai piedi per essere calpestata, non dalla testa per essere superiore ma dal lato, per essere uguale, sotto il braccio per essere protetta, accanto al cuore per essere amata.”
Anna Rita Scheri
17 dicembre 2022